Notre Dame brucia

La Chiesa nel mondo moderno

Giussani rilegge Cori da «la Rocca»

Il seguente brano è tratto da una conferenza su Eliot tenuta da don Luigi Giussani. Si tratta di una analisi preziosa, che si interroga sul perché si è creata una frattura tra Chiesa e mondo moderno. E offre a ciascuno di che giudicare anzitutto l'inadeguatezza della propria posizione.

Lo propongo perché spero possa essere utile alla vita di chi lo leggerà mettendosi in discussione, e non mosso da vana curiosità.


«È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità, o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa?»

«Leggo qualche brano di Eliot [...], il cui valore sta per noi nel suggerimento di una posizione culturale. Essendo una conferenza non è un testo scientifico, ma il suo valore, torno a ripetere, sta nel suggerimento di una posizione culturale e, quindi, di una esemplificazione di giudizi. [...].

I Cori da «La Rocca» possono essere letti secondo una sequenza composta di tre momenti. Essa incomincia col Coro nel quale si contrappone la posizione della Chiesa alla posizione di un mondo che non la vuole più (I Coro). I cristiani (II Coro) debbono cercare di resistere e di vivere, di camminare, di lottare in questo mondo che non li vuole più, ma così consapevoli come sono di tutte le loro magagne, i loro difetti, i pesi che hanno addosso, che sono pesi loro e pesi ereditati. Ma (III Coro) la questione più grave è che essi pure, la Chiesa stessa, i cristiani stessi sono investiti dallo scetticismo, dalla scetticità e dal materialismo del mondo intero, dell’intera società.

La conferenza si divide in due parti, introdotte da due interrogativi: «È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità, o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa?». La risposta è affermativa per entrambi. Dov’è la forza della reazione del poeta? Eliot dice che là dove la Chiesa è rifiutata e là dove la Chiesa stessa è penetrata dallo spirito mondano, dallo spirito “laicista”, se usiamo il termine proprio della conferenza, l’umano viene meno, l’umano sta male. «Potete eludere la Vita, ma non la Morte», scrive nel III Coro. Cioè, potete evitare la Chiesa e il suo suggerimento nella vita e fare ciò che volete, ma non potrete evitare di vedere tra le vostre mani distrutto tutto ciò che create. Il mondo non solo non vuole la Chiesa, ma la perseguita.»

[il mondo rifiuta la Chiesa]

«E che volete – dice, infatti, Eliot –, volete forse che il mondo accetti la Chiesa? Perché deve accettarla?

«Perché gli uomini dovrebbero amare la Chiesa? Perché dovrebbero amare le sue leggi? / Essa ricorda loro la Vita e la Morte, e tutto ciò che vorrebbero scordare. / È gentile dove sarebbero duri, e dura dove essi vorrebbero essere teneri. / Ricorda loro il Male e il Peccato, e altri fatti spiacevoli. / Essi cercano sempre d’evadere / dal buio esterno e interiore / sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono.»

Gli uomini che perseguitano la Chiesa sognano l’eliminazione della libertà, perché l’estremo ideale di questo mondo è creare un mondo di automi: «Sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono».

L’ultima, la più profonda accusa di Eliot: dove sta la radice vera di tutta questa ostilità e di questo disegno? La rinuncia a Cristo. La ribellione a Cristo e, quindi, la eliminazione di Dio perché, come aveva già detto Nietzsche, se aboliamo Cristo, aboliamo Dio.

Ecco, dunque, il I Coro.

Il ciclo senza fine dell’idea e dell’azione,

L’invenzione infinita, l’esperimento infinito,

Portano conoscenza del moto, non dell’immobilità;

Conoscenza del linguaggio, ma non del silenzio;

Conoscenza delle parole, e ignoranza del Verbo.

Tutta la nostra conoscenza ci porta più vicini alla nostra ignoranza,

Tutta la nostra ignoranza ci porta più vicino alla morte.

Ma più vicino alla morte non più vicini a Dio.

Dov’è la Vita che abbiamo perduto vivendo?

Dov’è la saggezza che abbiamo perduto sapendo?

Dov’è la sapienza che abbiamo perduto nell’informazione?

I cicli del Cielo in venti secoli

Ci portano più lontani da DIO e più vicini alla Polvere.

[«Dov’è la sapienza che abbiamo perduto nell’informazione?»; Andrej Sinjavskij, in uno dei sui Pensieri improvvisi , dice che l’uomo muore con tutta la sua informazione.]

Viaggiavo verso Londra, alla City che è preda del tempo,

Là dove il Fiume scorre con flutti stranieri.

Laggiù mi dissero: abbiamo troppe chiese,

E troppo poche osterie. Laggiù mi dissero:

Se ne vadano i parroci. Gli uomini non hanno bisogno della Chiesa

Nel luogo in cui lavorano, ma dove passano le domeniche.

In città non abbiamo bisogno di campane:

Che sveglino i sobborghi.

Camminai fino ai sobborghi, e là mi dissero:

Sei giorni lavoriamo, il settimo vogliamo andare in gita

Con l’automobile fino a Hindhead, o a Maidenhead.

Se il tempo è brutto restiamo a casa a leggere i giornali.

Nei distretti industriali mi dissero

Delle leggi economiche.

Nelle campagne ridenti sembrava

Vi fosse solo posto per picnic.

E sembra che la Chiesa non sia desiderata

Nelle campagne, e nemmeno nei sobborghi; in città

Solo per importanti matrimoni.

[...]

Entra [allora] la ROCCA [la Rocca è la Chiesa], guidata da un RAGAZZO:

Il destino degli uomini è infinita fatica,

Oppure ozio infinito, il che è anche peggio,

Oppure anche un lavoro irregolare, il che non è piacevole.

[...]

Il mondo rotea e il mondo cambia,

Ma una cosa non cambia.

In tutti i miei anni una cosa non cambia.

Comunque la mascheriate, questa cosa non cambia:

La lotta perpetua del Bene e del Male.

Dimentichi, voi trascurate gli altari e le chiese;

Voi siete gli uomini che in questi tempi deridono

Tutto ciò che è stato fatto di buono, trovate spiegazioni

Per soddisfare la mente razionale e illuminata.

E poi, trascurate e disprezzate il deserto.

Il deserto non è così remoto nel tropico australe,

Il deserto non è solo voltato l’angolo,

Il deserto è pressato nel treno della metropolitana

Presso di voi, il deserto è nel cuore di vostro fratello.

Il buono è colui che costruisce, se costruisce ciò che è buono.

Vi mostrerò le cose che ora si stanno facendo,

E alcune delle cose che molto tempo fa furono fatte,

Così che prendiate coraggio. Rendete perfetta la vostra volontà.

Fate che io vi mostri l’opera degli umili. Ascoltate.

Dopo la voce degli operai (gli «umili») che dichiarano di volere costruire «con mattoni nuovi» dove «le travi sono marcite» e «con nuovo linguaggio» dove «parole non sono pronunciate», entra in scena la voce dei disoccupati:

Nessuno ci ha offerto un lavoro

Con le mani in tasca

E il viso basso

Stiamo in piedi all’aperto

E tremiamo nelle stanze senza fuoco.

Solo il vento si muove

Sui campi vuoti, incolti

Dove l’aratro è inerte, messo di traverso

Al solco. In questa terra

Ci sarà una sigaretta per due uomini,

Per due donne soltanto mezza pinta

Di birra amara. In questa terra

Nessuno ci ha offerto un lavoro.

La nostra vita non è bene accetta, la nostra morte

Non è citata dal «Times».

«La nostra vita non è bene accetta» (l’aborto e l’eutanasia) e «la nostra morte / Non è citata dal “Times”».

[il compito dei cristiani ...]

In questo contesto, l’impeto espresso dagli operai («C’è un lavoro comune / Una Chiesa per tutti / E un impiego per ciascuno / Ognuno al suo lavoro») è indubbiamente una meravigliosa sintesi di tutte le nostre aspirazioni ingenuamente programmatiche, anzi non troppo ingenuamente. Certo, noi dobbiamo portarci sulle spalle, per questa lotta cui il I Coro ha accennato, tutto quello che hanno fatto prima e tutto quello che fanno i nostri amici, i nostri fratelli.

Il II Coro:

Così i vostri padri furono fatti

Concittadini dei santi, della casa di DIO, edificata sulle fondamenta

Degli apostoli e dei profeti, Gesù Cristo medesimo essendo la pietra angolare.

Ma voi, avete edificato bene che ora sedete smarriti in una casa in rovina?

Dove molti sono nati destinati all’ozio, a vite inutili e a squallide morti, a inasprito disprezzo in alveari senza miele,

E coloro che vorrebbero costruire e ristabilire aprono il palmo della mano e inutilmente guardano a terre straniere perché la carità sia maggiore o l’urna riempita.

La vostra costruzione è imperfetta, e voi sedete pieni di vergogna e vi chiedete se, e come, potrete essere uniti a edificare una dimora di DIO nello Spirito, lo Spirito che mosse sulla superficie delle acque come una lanterna posata sulla schiena di una tartaruga.

[Vale a dire: se lo Spirito ha fatto tutto ciò, potrà ben fare anche la nostra unità. È questa, infatti, la risposta alla situazione del mondo che la nostra conferenza impone: l’unica risposta è la costruzione iniziale di una umanità nuova, cioè la costruzione della nostra unità. Non è possibile un’altra immagine, non è possibile. Se non avessimo avuto Cristo, saremmo solo dei disperati e se non avessimo la Chiesa e il cattolicesimo, saremmo disperati, perché non avremmo più Cristo.]

E alcuni dicono: [ecco le nostre obiezioni] «Come possiamo amare il nostro prossimo? [...] »

[...]

Voi, avete edificato bene, avete dimenticato la pietra angolare?

[Tutto “l’indaffararsi” dei cattolici – ma «avete dimenticato la pietra angolare?» –. È sulla pietra angolare, non sull’attivismo, che si erige l’unità.]

Parlate delle giuste relazioni fra gli uomini, [la teologia della liberazione] ma non delle relazioni fra gli uomini e DIO.

«La nostra cittadinanza è in Cielo»; sì, ma quello è il modello, il tipo della vostra cittadinanza sulla terra.

[Se non cerchiamo di costruire sulla terra, la cittadinanza nuova noi non l’avremo nel cielo. È il concetto cristiano di merito.]

[...]

E la Chiesa deve sempre edificare, e sempre decadere, e dev’essere sempre restaurata.

[Ma questo è il momento in cui la Chiesa deve essere restaurata.]

Poco più avanti, Eliot si rivolge agli uomini della modernità:

Non esiste vita se non nella comunità,

E non esiste comunità se non è vissuta in lode di DIO.

[Come dice bene il libro sulla Liturgia del cardinale Ratzinger.]

Persino l’anacoreta che medita in solitudine,

Per il quale i giorni e le notti ripetono le lodi di DIO,

Prega per la Chiesa, il Corpo di Cristo incarnato.

E ora vivete dispersi su strade che si snodano come nastri,

E nessuno conosce il suo vicino o si interessa a lui

A meno che il suo vicino non gli arrechi troppo disturbo,

Ma tutti corrono su e giù con le automobili,

Familiari con le vie ma senza un luogo in cui risiedere.

E nemmeno la famiglia si muove tutta unita,

Poiché ogni figlio vorrebbe la sua motocicletta,

E le figlie cavalcano sellini casuali.

Molto da abbattere, molto da costruire, molto da sistemare di nuovo;

Fate che l’opera non venga ritardata, che il tempo e il braccio non siano inutili.

Le primissime settimane del nostro movimento, a proposito della frase «nessuno conosce il suo vicino o si interessa a lui», mi ricordo che nei primi gruppi, nelle prime riunioni settimanali dove non si sapeva cosa dire, io insistevo su questo: «Sono sei, sette, otto anni che siete insieme nella classe – dicevo – e non vi conoscete, ognuno è assolutamente disinteressato all’altro, eccetto che per le oscure connivenze di certi inviti balordi o di certo pseudo aiuto per passare la lezione, e basta». E questo fu il primo accento che fece scoprire a quei primissimi, a quei pochissimi la necessità di “qualcosa di più” tra di loro. Ma dove cercarla?

[... un compito a cui non sono fedeli]

Più avanti leggeremo la descrizione che Eliot, da una parte, fa dell’invasione che il “mondo” ha operato nella Chiesa stessa. È questo il motivo per cui nella seconda parte di quella conferenza diciamo che la Chiesa ha abbandonato l’umanità, attraverso quella che possiamo chiamare “protestantizzazione del cristianesimo”. Tale processo, infatti, ha evacuato la caratteristica fondamentale della Chiesa che è la costruzione unitaria sulla pietra angolare, l’unità. Ed Eliot, d’altra parte, nel Coro successivo, il III, descrive il disastro dell’umano, che va a finire nella morte, il disastro dell’uomo che vede distruggersi ciò che crea.

Il Verbo del SIGNORE mi giunse, dicendo:

O città miserabili d’uomini intriganti,

O sciagurata generazione d’uomini colti,

Traditi nei dedali del vostro stesso ingegno,

Venduti dai profitti delle vostre invenzioni:

Vi ho dato mani che distogliete dall’adorazione,

Vi ho dato la parola, e voi l’usate in infinite chiacchiere,

[...]

Lascerete il mio popolo dimentico e dimenticato

All’ozio, alla fatica, al farneticante stupore?

Saranno lasciati soltanto la ciminiera spezzata,

La chiglia scrostata, una catasta di ferro arrugginito,

In una strada cosparsa di mattoni dove la capra s’arrampica,

Dove il Mio Verbo non è pronunciato.

[...]

Nella terra delle lobelie e delle flanelle da tennis

Il coniglio s’intanerà e il pruno tornerà a far visita,

L’ortica fiorirà nell’aiola di ghiaia,

E il vento dirà: «Qui atei dignitosi vi furono:

Unico loro monumento la strada asfaltata

E un migliaio di palline da golf perdute».

CORO:

Edifichiamo invano [ecco la grande sfida, ma questa è una

sfida anche alla nostra vita personale] se il SIGNORE non edifica con noi.

Potete reggere forse la Città se il SIGNORE non resta con voi?

Mille vigili che dirigono il traffico

Non sanno dirvi né perché venite né dove andate.

Una colonia intera di cavie o un’orda d’attive marmotte

Edificano meglio di coloro che edificano senza il SIGNORE.

Ci leveremo in piedi fra rovine perenni?

[...]

Là dove non c’è tempio non vi saranno dimore,

[non c’è abitazione per l’uomo]

Sebbene abbiate rifugi e istituzioni,

Alloggi precari dove si paga l’affitto,

Scantinati che cedono dove il topo si nutre

O latrine con porte numerate

O una casa un po’ meglio di quella del vicino;

Quando la Straniera [cioè la comunità cristiana] dice: «Qual è il significato di questa città?

Vi accalcate vicini perché vi amate l’un l’altro?».

Cosa risponderete? «Ci accalchiamo

Per trarre denaro l’uno dall’altro»? oppure: «Questa è una comunità»?

[La risposta socialista.]

Dunque la Straniera sembra dimenticata e avversata in un’epoca di uomini «Impegnati a ideare il frigorifero perfetto», «a risolvere una morale razionale», «A far progetti di felicità e a buttar via bottiglie vuote, / Passando dalla vacuità ad un febbrile entusiasmo / Per la nazione o la razza o ciò che voi chiamate umanità».

«O anima mia – dice il poeta –, che tu sia pronta per la venuta della Straniera, / Che tu sia pronta per colei che sa come fare domande.» Del resto, il Coro ricorda agli uomini, che non vogliono sentire quelle domande, che possono «eludere la Vita, ma non la Morte». Anch’essa indica la strada verso il tempio.

«Non rinnegherete la Straniera», conclude il III Coro. È una grande responsabilità ed è un’affascinante missione per la nostra meschinità.

[non è una morale razionalista a salvarci]

All’inizio del V coro, Eliot scrive: «O Signore, difendimi dall’uomo che ha eccellenti intenzioni e cuore impuro: perché il cuore è su tutte le cose fallace, e disperatamente malvagio».

Le «eccellenti intenzioni» le chiameremmo adesso “virtù comuni”, vale a dire l’atteggiamento morale o moralistico. Difendimi dall’uomo che vuole salvare i valori morali, ma ha il cuore impuro; il cuore impuro è quello che non riconosce il fatto da cui le virtù derivano. Se un intellettuale, per esempio, ha una grande stima dell’uomo, che è un fatto creaturale, naturale, ma non accetta, non riconosce che l’uomo è una creatura, che è stato creato, perciò non accetta l’oggettività dei dinamismi umani, allora, quale virtù sottolineerà questo intellettuale o questo leader? Sottolineerà le virtù che più gli importano: se, per esempio, è un uomo alla guida di un governo, sottolineerà le virtù che fanno comodo al suo governo, vale a dire che tendono a mantenere lo status quo. Invece cercherà di obliterare quelle che lo seccano, che gli creano complicazioni.

Un caso tipico è stato quello di un noto scrittore italiano, Italo Calvino, il quale un po’ di anni fa scrisse un articolo sul «Corriere della Sera» in cui magnificava la dignità dell’uomo. Ma la dignità dell’uomo da cosa deriva? Secondo quell’articolo di Calvino, deriva dalla formazione sociale: l’uomo è concepito in funzione della realtà sociale, è la realtà sociale che lo sviluppa e gli dà dignità, perciò non si può parlare di diritti naturali. L’aborto, allora. Nessuno, infatti, ha diritto alla vita: perciò l’aborto è una cosa lecita, se la dignità è conferita alla persona dalla società e se la società decide che all’origine la persona deve avere un certo equilibrio psicofisico, altrimenti è meglio sopprimerla. Nessuno ha diritto di dire: «Io ci sono, non potete toccarmi». In questo caso Italo Calvino ha avuto eccellenti intenzioni, quelle di affermare la dignità dell’uomo, ma un cuore impuro perché non ha riconosciuto il fatto da cui deriva la dignità dell’uomo.

Tutti coloro che adesso affermano le cosiddette “virtù morali” agiscono in questo modo: hanno eccellenti intenzioni, ma un cuore impuro, perché la radice delle virtù comuni, ma anche delle virtù non comuni, è una realtà obiettiva che non dipende dalla società, ma dipende dal fatto creaturale per cui l’uomo è stato fatto da Dio.

Perciò: «O Signore, difendimi dall’uomo che ha eccellenti intenzioni». Una eccellente intenzione è quella di avere uno Stato tecnocraticamente a posto con una funzionalità industriale adeguata, e affermare il valore tecnocratico che è un fattore necessario per l’incremento e la potenza del popolo. Ma se in nome di tutto ciò si deve trascurare, per esempio, la gente che non ha determinate capacità (de minimis non curat pretor), o la gente che non ha determinate possibilità di difesa...

«O Signore, difendimi dall’uomo che ha eccellenti intenzioni e cuore impuro: perché il cuore è su tutte le cose fallace, e disperatamente malvagio.»

È malvagio chi non riconosce, chi inventa, chi “fissa” lui. Proteggimi, perciò, dal nemico che ha qualcosa da guadagnare. Proteggimi dal nemico che ha qualcosa da guadagnare e dall’amico che ha qualcosa da perdere, cioè dall’amico che, fin quando gli vado bene e corrispondo, allora mi difende, quando non gli corrispondo più mi abbandona. Guardami dall’amico che ha qualcosa da perdere.

Così: «Quelli che stanno in una casa il cui uso è dimenticato»: è la definizione dei cristiani di adesso, di quelli che stanno in una casa il cui uso è dimenticato, la cui origine, la cui natura è dimenticata. Allora a questa gente si può dire: «Fate così e così, comportatevi così e così, state attenti a queste virtù», ma l’origine della loro esperienza e della loro dignità di cristiani non è tenuta in considerazione.

Quelli che stanno in una casa il cui uso è dimenticato: sono come serpenti distesi su scale cadenti, soddisfatti al sole.

E gli altri corrono attorno come cani, pieni d’iniziativa, e fiutano ed abbaiano: dicono, «Questa casa è un nido di serpi, distruggiamola,

Mettiamo fine a questi abominii, alle turpitudini dei Cristiani».

Vogliono distruggere la casa dei cristiani perché essi non corrispondono ai loro ideali laicisti. Questi non sono giustificati, questi cani che «abbaiano» attorno e dicono: «Aboliamo». «Questi non sono giustificati, né lo sono gli altri.» Non sono giustificati quelli che gridano contro i cristiani, ma non sono giustificati neanche i cristiani che sono lì come lucertole, che non fanno più niente, perché hanno dimenticato il valore della loro casa.

E scrivono libri innumerevoli; troppo vacui e distratti per rimanere in silenzio: ognuno alla ricerca della propria elevazione, nascondendo la propria vuotezza.

[...]

L’uomo che durante il giorno ha costruito qualcosa, quando cala la notte ritorna al focolare: per essere benedetto dal dono del silenzio, e prima di dormire si assopisce.

Ma siamo circondati da serpenti e cani [da una parte i serpenti e dall’altra i cani]: per cui qualcuno deve stare all’opera, e altri tenere le lance.

È un momento in cui non si può più dormire, da una parte ci sono serpenti, lucertole, dall’altra ci sono i cani che abbaiano, per cui bisogna agire. E mi pare questa una bella definizione della situazione in cui sta la Chiesa oggi, il fatto cristiano oggi.

Un altro Coro, il VI, si riferisce al destino che nel tempo ha il fatto cristiano.

È difficile per coloro che non hanno mai conosciuto persecuzione,

E che non hanno mai conosciuto [quindi] un cristiano,

Credere a questi racconti di persecuzione cristiana.

È difficile per coloro che vivono presso una Banca

Dubitare della sicurezza del loro denaro.

[...]

Pensate che la Fede abbia già conquistato il mondo

E che i leoni non abbisognino più di guardiani?

È a questo punto l’“a fondo” di Eliot, già citato, sulla considerazione degli uomini moderni sulla Chiesa: «Perché gli uomini dovrebbero amare la Chiesa?».

«Essi [gli uomini che non vogliono la Chiesa] cercano sempre d’evadere / Dal buio esterno e interiore [perché se non ci sono criteri oggettivi di bene e di male c’è buio e confusione] / Sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono.»

Tutti sognano strutture sociali che abbiano un esito buono a prescindere dalla libertà. Nessuno più avrebbe bisogno d’essere buono. «Ma l’uomo che è adombrerà / L’uomo che pretende di essere.» L’uomo così come è sfaterà sempre le visioni delle ideologie che pretendono di essere. «E il Figlio dell’Uomo non fu crocifisso una volta per tutte, / Il sangue dei martiri non fu versato una volta per tutte, / Le vite dei Santi non vennero donate una volta per tutte [...]. E se il Tempio dev’essere abbattuto / Dobbiamo prima costruire il Tempio.»

È la pagina più chiara sull’antitrionfalismo. Tante volte, noi siamo accusati di trionfalismo per la nostra volontà di affermazione del fatto cristiano nel tempo e nello spazio, nella storia. Invece, è profondamente antitrionfalista la nostra volontà di costruire. Perché l’idea della storia che ha il cristianesimo è questo possibile continuo ripetersi di cicli e di abbattimenti. Perciò «se il sangue dei Martiri deve fluire sui gradini / Dobbiamo prima costruire i gradini».

Il nostro costruire i gradini non è trionfalismo, anzi. E se il Tempio deve essere distrutto, bisogna prima costruirlo. La nostra volontà di costruire il Tempio non è trionfalismo.

[il vero punto di appoggio]

Forse non sarà inutile, a questo punto, rileggere insieme il brano di Eliot che fa da perno al testo della conferenza. È il Coro VII, ove il poeta traccia in sintesi splendida la storia delle religioni.

In principio DIO creò il mondo. Deserto e vuoto. Deserto e vuoto. E tenebre erano sopra la faccia dell’abisso.

[Deserto perché non c’è uomo, vuoto perché non c’è senso, perché il senso viene percepito nella coscienza dell’uomo.]

E quando vi furono uomini, nei loro vari modi lottarono in tormento alla ricerca di DIO

Ciecamente e vanamente, perché l’uomo è cosa vana, e l’uomo senza DIO è un seme nel vento, trascinato qua e là non trova luogo dove posarsi e dove germinare.

Essi seguirono la luce e l’ombra [l’apparente] , e la luce li condusse verso la luce e l’ombra li condusse verso la tenebra,

Ad adorare serpenti ed alberi, ad adorare dèmoni piuttosto che nulla: a piangere per la vita oltre la vita, per un’estasi non della carne.

Deserto e vuoto. Deserto e vuoto. E tenebre sopra la faccia dell’abisso.

E lo Spirito si muoveva sopra la faccia delle acque.

E gli uomini che si volsero verso la luce ed ebbero conoscenza della luce

Inventarono le Religioni Maggiori; e le Religioni Maggiori erano buone

E condussero gli uomini dalla luce alla luce, alla conoscenza del Bene e del Male.

Ma la loro luce era sempre circondata e colpita dalle tenebre

[...]

E giunsero a un limite, a un limite estremo mosso da un guizzo di vita,

E giunsero allo sguardo rinsecchito e antico di un bimbo morto di fame.

[Riti che non avevano nessuna capacità di ravvivare l’umano.]

Preghiere scritte in cilindri girevoli, adorazione dei morti, negazione di questo mondo, affermazione di riti il cui senso è dimenticato

[il contrario di ciò per cui sono sorti: alla ricerca del senso]

Nella sabbia irrequieta sferzata dal vento, o sopra le colline dove il vento non farà mai posare la neve.

Deserto e vuoto. Deserto e vuoto. E tenebre sopra la faccia dell’abisso.

[È ritornato il deserto e il vuoto, si è confermato il deserto e il vuoto: sopra, dentro, sotto, intorno a tutti i tentativi di interpretazione umana, le religioni maggiori.]

Quindi giunsero, in un momento predeterminato, un momento nel tempo e del tempo,

Un momento non fuori del tempo, ma nel tempo, in ciò che noi chiamiamo storia: sezionando, bisecando il mondo del tempo, un momento nel tempo ma non come un momento di tempo,

Un momento nel tempo ma il tempo fu creato attraverso quel momento: poiché senza significato non c’è tempo, e quel momento di tempo diede il significato.

Quindi sembrò come se gli uomini dovessero procedere dalla luce alla luce, nella luce del Verbo,

Attraverso la Passione e il Sacrificio salvati a dispetto del loro essere negativo;

Bestiali come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati e ottusi come sempre lo furono prima,

Eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce;

Spesso sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi, tornando, eppure mai seguendo un’altra via.

[La lotta ascetica è stata introdotta nel mondo dal cristianesimo.]

Ma sembra che qualcosa sia accaduto che non è mai accaduto prima: sebbene non si sappia quando, o perché, o come, o dove.

Gli uomini hanno abbandonato DIO non per altri dèi, dicono, ma per nessun dio; e questo non era mai accaduto prima

Che gli uomini negassero gli dèi e adorassero gli dèi, professando innanzitutto la Ragione

E poi il Denaro, il Potere, e ciò che chiamano Vita, o Razza, o Dialettica.

La Chiesa ripudiata, la torre abbattuta, le campane capovolte, cosa possiamo fare

Se non restare con le mani vuote e le palme aperte rivolte verso l’alto

In una età che avanza all’indietro, progressivamente?

[...]

Deserto e vuoto. Deserto e vuoto. E tenebre sopra la faccia dell’abisso.

[È ritornato come al principio.]

È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità, o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa?

Quando la Chiesa non è più considerata, e neanche contrastata, e gli uomini hanno dimenticato

Tutti gli dèi, salvo l’Usura, la Lussuria e il Potere.

L’avventura cristiana è un dramma storico, della storia, nella storia.

Péguy, nella sua opera Véronique, mette in bocca al personaggio che rappresenta la storia questo lungo monologo: «Io costituisco un pezzo indispensabile nel meccanismo, nell’organismo stesso dell’eternità stessa, un pezzo non solamente inevitabile, ma indispensabile. La mistica che nega il temporale è la più propriamente anticristiana. Il mondo moderno non è solo un mondo di cattivo cristianesimo, ma un mondo totalmente incristiano e le nostre stesse miserie non sono più cristiane [provocherebbero dolore].

Gesù non era venuto per dominare il mondo. Era venuto per salvare il mondo. Il proprio del cristianesimo è questo incastro delle due parti tanto inverosimile: il temporale nell’eterno e l’eterno nel temporale. E adesso non c’è più caduta e redenzione. Questi due pezzi particolari sistemati in modo così meraviglioso: non c’è più caduta [originale] e redenzione [è già avvenuto].

Ma le nostre stesse miserie non sono più cristiane, perché non ci riconosciamo da salvare. [I giovani di oggi non si riconoscono da salvare, sono a posto, sono a posto e contenti.] Tuttavia, negare il cielo non è quasi certamente pericoloso: è una eresia senza avvenire [perché domani lo riconosceranno]. Negare la terra, invece, è una grande tentazione. Anzitutto è notevole, il che è peggio. Sta dunque qui l’eresia pericolosa, l’eresia con un avvenire [quella che nega il temporale nell’eterno, quella che nega quel punto, cioè la Madonna]; quella che nega quel momento dentro il tempo. Non un momento del tempo, ma un momento nel tempo. Se si nega il temporale dentro l’eterno, si perviene a questi vaghi spiritualismi, idealismi, immaterialismi, religiosismi, panteismi, filosofismi, moralismi, che sono così pericolosi perché non sono grossolani. Negare la temporalità, la materia, la grossolanità, l’impurità, negarmi, rinnegare me [la storia], ecco al contrario qualcosa che ha della finezza, del puro e della purezza, del sublime puro. Ecco il fine dei fini: il puro, la purezza, il puro sublime, ecco la cosa più grave, l’infinitamente più grave e la tentazione delle grandi anime.

Ma, ancora una volta, nella insicurezza del mondo moderno, nella insufficienza delle dottrine moderne, nel vuoto [«Deserto e vuoto»] troppo evidente, troppo appariscente dell’intellettualismo moderno, in questa insufficienza, in questa scandalosa irrealtà, in questa intellettualità, in questa sterilità, il vecchio tronco, ancora una volta, farà spuntare foglie e rami, ancora una volta la vecchia quercia lavorerà il vecchio tronco, ancora una volta la grazia lavorerà. [Il tempo e lo spazio: storia.]

E la morte? La morte contiene una tale rivelazione di mistero che ogni uomo ne è afferrato perché il corpo, il corpo carnale si difende, il corpo si rivolta. E Gesù sul monte degli Ulivi non aveva un corpo? Un corpo come noi. Dio stesso ha temuto la morte. Se non avesse avuto questo corpo, se fosse rimasto un puro spirito, se non avesse avuto un’anima carnale, tutto il cristianesimo sarebbe caduto. Si è, pertanto, offerto; ha accettato e ha vinto la morte. Tuttavia nessuna miseria della vita vi è stata risparmiata, nessuna miseria umana. Ma, sistematicamente, invece, sembra che ne siate stati colmati, che ne siate stati quasi favoriti, favoriti dalle miserie umane.

Il cristianesimo non è un’operazione pubblica, non è un’operazione economica: è un avvenimento che spesso non modifica gli aspetti esteriori superficiali, spesso non cambia nulla delle apparenze. L’avvenimento cristiano è una operazione molecolare, interiore, istologica. Un avvenimento molecolare. Siete i più infelici tra gli uomini, voi cristiani. Ma siete anche i più felici. Con voi non si può mai star tranquilli. Avete reso tutto infinito, avete reso eterno, infinito tutto. Avete completamente messo sottosopra il mercato dei valori. Avete portato tutti i valori al maximum, al limite, all’eterno, all’infinito. Dunque non si può essere un istante solo tranquilli, neanche con un capello del proprio capo.

Portate tutto a Dio, avete riportato tutto a Dio. Toccate Dio dovunque, a piene mani, da ogni parte.

Legame incredibile, inverosimile: il solo reale dell’uomo e di Dio, dell’Infinito e del finito, dell’Eterno e del tempo. Incredibile legame dell’anima carnale con Dio, in Dio, con l’uomo e nell’uomo. Questo incredibile, il solo reale legame del Creatore e della creatura. Ecco la vostra comunione.

Tutto è pieno e, nello stesso tempo, insieme, tutto funziona, tutto lavora, è messo in gioco direttamente, tutto, personalmente, tutto è legato a tutto e a tutti, reciprocamente, mutuamente. Ma così tutto è legato direttamente, personalmente, tutto è legato a tutto e a tutti, tra sé e insieme, simultaneamente tutto è legato al Corpo di Gesù, reciprocamente, direttamente, personalmente: il punto d’inizio, il valore della storia, la morte che invece d’essere fine e sepolcro rilancia ogni cosa all’Infinito, direttamente, personalmente, con una responsabilità senza eccezione.»